La poetica della fiducia nel genere fantasy
“Mi fido”.
Questa è, infine, la mia posizione di fronte alla tempesta Coronavirus che si è improvvisamente abbattuta su di noi togliendoci ogni sicurezza e ogni controllo del presente e del futuro.
Ho scelto di fidarmi, facendo leva sulle posizioni Leibniziane che hanno tanto influenzato il mio percorso di studi: “Il nostro è il migliore dei mondi possibili“, sostiene il filosofo e anche quando per qualche ragione perdiamo la fiducia, dobbiamo affidarci alla convinzione che tutto evolverà sempre verso il bene ed il meglio. Cito un piccolo brano tratto dai Saggi di Teodicea: “Indubbiamente tutto l’avvenire è determinato:ma poiché non sappiamo come lo è, né cosa sia previsto o deciso, dobbiamo fare il nostro dovere, seguendo la ragione che Dio ci ha dato e seguendo le regole che ci ha prescritto; dopo di che dobbiamo avere lo spirito quieto e lasciare a Dio stesso la cura del successo. Dio infatti non mancherà mai di fare quel che risulterà essere il meglio, non soltanto in generale, ma anche in particolare, per coloro che hanno una vera fiducia in lui (…)”.
Mi ha sempre colpito il modo in cui questa posizione filosofica chiamata della libertà determinata, si ritrovi spesso nelle storie fantasy. Non sono un’esperta di questo genere letterario, ma ho amato profondamente, considerandole tutt’ora le miglior letture della mia vita, saghe famose come quella de Il Signore degli anelli ed Harry Potter, passando per Twilight e altre serie di successo che invece hanno incontrato meno il mio gusto. Recentemente ho riletto la saga completa di “Le nebbie di Avalon”, che mi ha stregato per la sua grandiosità mentre tra le recenti proposte per ragazzi ho divorato i primi due episodi della trilogia”La voce del branco” di Gaiai Guasti, edita da Camelozampa, della quale aspettiamo con trepidazione il terzo ed ultimo episodio.
Pochi generi come il fantasy sono in grado di insegnare valori come il coraggio, la lealtà e, come dicevo, la fiducia.
I protagonisti di un fantasy ben strutturato si ritrovano sempre, loro malgrado, a dover affrontare ostacoli che il destino ha messo loro davanti e riescono a superarli grazie a due fattori soprattutto: l’assunzione dell’impegno di fare la propria parte e la fiducia che tutto andrà bene. In ogni momento di difficoltà la prima reazione è quella che si appella al senso di giustizia: “Perché adesso? Perché a me?”.
Citando Il Signore degli anelli:
Frodo:”Vorrei che l’anello non fosse mai venuto da me. Vorrei che non fosse accaduto nulla”.
Gandalf: “Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere; possiamo soltanto decidere cosa fare del tempo che ci viene concesso”.
Ecco come libertà e determinismo si compenetrano e si fondono, richiamando uno dei più antichi dibattiti filosofici. Ma il determinismo è proprio l’elemento che ci insegna la fiducia e la cautela nell’agire e che salva i protagonisti, anche i più valorosi, dal delirio di onnipotenza e fa sì che restino sempre meravigliosi nella loro umanità. Perché nessuno, nemmeno il più saggio, può vedere fino in fondo le vere conseguenze di ogni azione, né comprendere del tutto il piano universale che, attraverso i personaggi, mira a realizzarsi.
Sempre ne Il Signore degli anelli Gandalf mette in guardia Frodo dal distribuire facili giudizi. Quando Frodo si rammarica che Bilbo Beggins non abbia ucciso Gollum quando ne ha avuto l’occasione, Gandalf lo ammonisce così: “Molti tra i vivi meritano la morte. E parecchi che sono morti avrebbero meritato la vita. Sei forse tu in grado di dargliela? E allora non essere troppo generoso nel distribuire la morte nei tuoi giudizi, sappi che nemmeno i più saggi possono vedere tutte le conseguenze“.
I concetti di determinismo e libertà ritornano anche in Harry Potter, dove in poche e semplici parole di Albus Silente ritroviamo tutto il concetto di libertà determinata insieme a quello di responsabilità:”Non sono le nostre capacità a dirci chi siamo davvero, ma le nostre scelte”.
E qui ritroviamo anche un’altra caratteristica dei personaggi del fantasy e degli eroi protagonisti in particolare: il loro essere costituiti da luci ed ombre. Non ci sono buoni o cattivi per antonomasia. Non ci sono facili moralismi e concetti etici preconfezionati. Ciascuno deve fare i conti con la propria parte oscura e grazie alla libertà di azione, scegliere consapevolmente da che parte stare.
E non è un po’ ciò che succede nella vita quando si devono affrontare prove difficili? Non è nella difficoltà che ciascuno sperimenta tutta la pesantezza di questa scelta?
E infine, la fiducia. Ne vale la pena. Di vivere, combattere, amare. Emblematica a questo proposito è la celebre frase di Sam, hobbit che accompagna Frodo Beggins in Il Signore degli anelli: “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo. E vale la pena combattere per questo”.
E anche in Harry Potter, la vera differenza tra bene e male sta nel senso ultimo del proprio combattimento e delle proprie scelte. In Harry Potter e l’Ordine della Fenice, Harry sostiene che la principale differenza tra Voldermort e i maghi di Hogwarts stia nel fatto che questi ultimi abbiano qualcosa per cui valga la pena combattere.
Come a dire che, in fondo, la bellezza di una vita non sta nell’assenza di difficoltà, ma nell’orizzonte di valori per i quali si lotta, seppur nelle difficoltà.